Dimagrire è un fatto di testa
Dimagrire è un fatto di testa
5 fasi
Per iniziare un percorso teso al recupero del peso forma in un soggetto obeso, occorre valutare in quale posizione si trova la persona rispetto alle 5 fasi, o stadi, del cambiamento di Prochaska: la precontemplazione, la contemplazione, la determinazione, l’azione e il mantenimento nel tempo del cambiamento.
Lo stadio di precontemplazione è quando la persona non è ancora convinta di avere un problema; nella contemplazione sta prendendo coscienza della condizione ma non ritiene sia risolvibile. Nello stadio di determinazione ha scelto di affrontare il problema, ma non sa ancora come fare, nell’azione invece comincia a muoversi nella direzione del cambiamento. Nel mantenimento consolida i nuovi comportamenti acquisiti.
Modello Transteoretico
La valutazione clinica di queste 5 fasi, o stadi, rientra nel “Modello Transteoretico”, ovvero “Essere pronti al cambiamento”: un approccio comportamentale che analizza la prontezza di un individuo a modificare un particolare comportamento.
Ruota del cambiamento
Le 5 fasi vengono rappresentate come la “Ruota del Cambiamento”. Il sanitario deve individuare in quale posizione della ruota si trova il paziente e proporre strategie mirate per quello stadio. Il cambiamento è un ciclo (una ruota) che spesso deve essere percorsa varie volte prima di arrivare al successo: le ricadute sono frequenti e fanno parte del processo. La ricaduta non è di per sé un segnale di fallimento: è un evento previsto.
Il percorso può essere iniziato se esiste nella mente della persona la disponibilità al cambiamento, cioè se ha superato la fase contemplativa ed è determinata a “fare qualcosa” per il suo problema.
Se la persona non è ancora “pronta a partire”, le si offre il counseling per aumentarne la motivazione (Colloquio di Motivazione).
Il Colloquio di Motivazione è un intervento strutturato volto ad aiutare i pazienti nella corretta valutazione e correzione dei propri comportamenti poco salutari, individuando insieme ostacoli e soluzioni.
5 A
Si basa su 5 azioni, chiamate le “5 A”: Assess, Advice, Agree, Assist, Arrange, cioè fornire la Diagnosi (Asses), comunicare il suo significato e conseguenze (Advice), concordare con il paziente un piano di azione (Agree), offrire sostegno su come realizzarlo (Assist) e infine organizzazione del percorso di cura il più adeguato possibile alle sue esigenze, opinioni e possibilità reali (Arrange). A queste 5 A va aggiunta una A di apertura “Ask”: “chiedere il permesso di parlare del peso”, perché ciò comunica rispetto, riduce il senso di colpa ed evita resistenza. Il Colloquio di Motivazione richiede un approccio empatico e accogliente: il sanitario dovrebbe piuttosto che “dirigere”, cercando di persuadere il paziente dall’alto del suo ruolo di “esperto”, secondo lo stile tradizionale autoritario/paternalistico, provare a “seguire e guidare”, con atteggiamento non giudicante, aperto e incoraggiante, per condurre il paziente a sviluppare coscienza, motivazione e autonomia di scelta. Il clima deve essere di supporto, mai combattivo e oppositivo. Lo spirito inalienabile del colloquio motivazionale è il rispetto del paziente. Il professionista, pur essendo un esperto della malattia, riconosce che il paziente è il maggior esperto della “sua” malattia, garantendo in primo luogo il suo diritto alla libertà di scegliere, dopo averlo aiutato nella sua crescita culturale e psicologica. A differenza dei consigli non richiesti e della persuasione diretta, il colloquio motivazionale genera un possibile piano d’azione espresso direttamente dal paziente o sviluppato logicamente dai suoi pensieri e dalle sue parole. Il concetto di fondo è che le persone sono più propense a cambiare opinione se questa viene da loro autonomamente espressa, mentre il somministrare consigli fa emergere resistenze e rifiuti. La motivazione deve essere, per funzionare davvero, “intrinseca”, cioè “emersa da dentro” ed è la base dell’auto-determinazione.
Il marchio obeso
E’ dimostrato che uno dei maggiori ostacoli al superamento dell’obesità è lo stigma sul paziente obeso: ossia il marchio fatto di discriminazione, pregiudizio, esclusione, rifiuto, biasimo, derisione, isolamento. Lo stigma favorisce stress, depressione, ansia, bassa autostima, insoddisfazione per il proprio corpo, idee suicidarie, scarsa attività fisica, comportamenti alimentari disfunzionali e rifiuto delle prestazioni sanitarie.
Si raccomanda di usare col paziente parole come “peso” o “BMI” rispetto a “grasso” o “obeso” e non colpevolizzare mai. Solo se si sente degno come persona e meritevole di cura, il paziente potrà affrontare il percorso di cambiamento.
Nella fase poi dell’azione/organizzazione, si interviene sui due bracci di alimentazione e attività fisica.