I consumatori del ‘senza’
Cresce in Italia il consumo di alimenti “senza”.
Gli Italiani appaiono sempre più attratti dal consumo di alimenti “senza”, che si tratti di senza zuccheri, lattosio, glutine, grassi, proteine animali, lievito, uova, anche senza una intolleranza diagnosticata o una reale necessità medica.
I consumatori
Tendono infatti a percepire queste mancanze come se fossero garanzia di purezza, benessere e salute. Anche il nuovo Rapporto Italia Eurispes sottolinea un aumento significativo dell’acquisto di prodotti con la dicitura “senza” da parte dei consumatori italiani. Secondo il Rapporto, gli alimenti senza zucchero risultano i più diffusi (28,2% degli intervistati), seguiti dai prodotti senza lattosio (27,3%), senza glutine (18%), senza lievito (16,4%) e senza uova (15,4%).
Chi sono
Sono soprattutto le fasce dei giovani (18-24 anni) e degli adulti (35-44 anni) ad essere interessate agli alimenti “speciali”. I dati dei consumi dimostrano che il claim “senza” funziona molto bene sulle vendite e il mercato di questi alimenti è in crescita esponenziale.
Il successo commerciale degli alimenti ““Free From” è dovuto al diffuso timore dei consumatori circa presunte intolleranze alimentari e poca salubrità del cibo. Di fronte a questa esigenza, l’industria risponde con un’offerta commerciale che mira a intercettare la richiesta di pasti leggeri e sani. La pubblicità e le strategie di comunicazione spesso enfatizzano i benefici di questi prodotti, posizionandoli come scelte più salutari. Ma si tratta invece di mere logiche di marketing.
La ricerca
Uno studio pubblicato sull’International Journal of Food Sciences and Nutrition, realizzato da ricercatrici dell’Università Cattolica di Milano e Cremona, su un campione di 1.200 soggetti rappresentativo della popolazione italiana, ha trovato che anche un claim privo di senso, come “senza CO2” riferito a crakcer e merendine al cioccolato (che comunque non conterrebbero mai anidride carbonica!) faceva percepire il prodotto come di migliore qualità. E’ importante aumentare la consapevolezza dei consumatori sul fatto che qualunque scelta alimentare vada giustificata da motivazioni cliniche identificate da un professionista della materia.