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Mangiare bene, comportarsi meglio

Mangiare bene, comportarsi meglio

Il percorso di cambiamento per perdere il peso in eccesso

Il principio chiave di un percorso di del peso è stabilire obiettivi realistici e non eccessivi di dimagrimento. Obiettivo prioritario del percorso non deve essere la riduzione del peso ma il cambiamento dei comportamenti.
La perdita di peso dovrebbe inoltre essere ottenuta in maniera graduale, per avere maggior probabilità di essere duratura.
L’obiettivo finale dell’intervento è il cambiamento comportamentale che si associ a miglioramento della forma fisica, delle prestazioni e del benessere individuale e solo in seconda battuta il miglioramento del rapporto peso/altezza (BMI) e delle analisi emato-chimiche (valutazione metabolica), che possono richiedere anche diversi mesi.
E’ importante perciò non focalizzarsi sul peso, evitando percorsi dietetici restrittivi o attività motorie spasmodiche, ma puntare sulla buona salute (anche se in sovrappeso).

La stabilizzazione del BMI, il cambiamento dei comportamenti disfunzionali e la risoluzione delle comorbidità eventualmente già presenti sono già un buon risultato.
Per cominciare, bisogna creare una maggior consapevolezza, attraverso l’auto-osservazione, con strumenti quali il diario dell’attività motoria e dell’introito alimentare.
L’auto-consapevolezza del proprio modo di agire può favorire la motivazione al cambiamento e rinforzarla se si riesce a migliorare come prefissato.
Bisogna concordare con la persona con obesità obiettivi di cambiamento piccoli, graduali e ben definiti, per esempio aggiungere una porzione di frutta e verdura al giorno o 15 minuti di attività fisica in più, oppure ridurre di una porzione le bevande zuccherate o di 30 minuti la permanenza sugli schermi al giorno.
Prefissare obiettivi piccoli e realizzabili può aumentare l’auto-efficacia e ridurre il rischio di delusione se non si riesce.
Poiché ogni nostro comportamento causa una risposta dell’ambiente, che fa da ricompensa o punizione, esercitando un “rinforzo”, sono necessari i “rinforzi positivi” delle azioni di cambiamento, che attivano processi di motivazione e incentivazione: creare quindi una gratificazione, un premio quando si riesce a far fede a un proposito.

Bisogna inoltre sostenere la “self efficacy”, cioè la fiducia della persona che può farcela. La persona che sta cercando di cambiare va capita, sostenuta, incoraggiata, lodata. Cambiare abitudini è sempre un sacrificio cui una parte del cervello si oppone con tutte le forze!

E’ importante anche aiutare la persona ad abbandonare i pensieri disfunzionali, che determinano la persistenza di comportamenti incongrui e possono ostacolare e impedire il cambiamento. Per esempio, contrastare pensieri come “sto morendo di fame”, “se non mangio svengo”, “chi me lo fa fare”, “è tutto inutile”, “ingrasso anche respirando l’aria”, “non ce la posso fare”. Un pensiero disfunzionale comune è quello “tutto o nulla”, tipo “ho mangiato un dolcetto, ormai la dieta è saltata, lascio perdere tutto”, oppure “oggi non sono riuscito a fare gli esercizi previsti, il piano è fallito”, che porta ad essere ipercritici e catastrofici e ad abbandonare tutto per piccoli sgarri. Bisogna sempre valorizzare i successi e l’impegno piuttosto che le inevitabili cadute.

Riguardo l’alimentazione, la prima cosa è il controllo dell’ambiente alimentare in casa: fare la spesa solo per ciò che serve per essere consumato nell’immediato, cucinare le giuste quantità di alimenti, non portare in tavola troppo cibo, distribuire le porzioni giuste, conservare gli avanzi, evitare la disponibilità in casa il cibo ad alta densità calorica, proteggere i minori dal bombardamento del marketing alimentare di cibo spazzatura.

I cambiamenti sull’alimentazione devono riguardare le modifiche di quei comportamenti che possono portare all’introduzione di un eccesso di energia: mangiare spesso fuori casa e nei fast-food, bere bevande zuccherate, consumare porzioni di grandi misure, saltare la prima colazione, consumare un basso numero di pasti nella giornata, fare spuntini ipercalorici.

Alla base dell’assunzione di cibo ci sono due meccanismi: la “fame”, che è un’esigenza biologica naturale, primaria, e la “tentazione”, che dipende dall’ambiente “obesogeno” in cui viviamo e dal sistema dopaminergico cerebrale, che attiva il piacere quando si mangia ciò che piace, anche al di là dell’istinto della fame, il che avviene soprattutto con i cibi ipercalorici e iperpalatabili, ricchi di combinazioni di zuccheri, grassi e sali. Sono questi che dobbiamo evitare per placare la fame, altrimenti non otterremo la sazietà per colpa della “voglia”.

Come principio generale, la dieta ottimale per il trattamento dell’obesità deve essere sicura, efficace, sana, equilibrata, nutrizionalmente adeguata, adattata alle esigenze individuali, preferenze e condizioni mediche, culturalmente accettabile ed economicamente conveniente, e dovrebbe garantire la compliance a lungo termine e il mantenimento della perdita di peso.
Nei bambini e negli adolescenti, inoltre, la dieta deve rimanere entro un certo limite di calorie per bilanciare la necessità di perdita di peso con le esigenze di crescita in salute e in maniera armonica. Nei bambini più piccoli, basta ottenere di non far acquisire ulteriore peso, al fine di migliorare il rapporto peso/altezza con la crescita. Nei bambini più grandi, il target di perdita di peso non dovrebbe essere maggiore di 500g/settimana.

I consigli alimentari di fondo sono: evitare di focalizzarsi sul cibo, che non deve essere ossessivamente alla base di discorsi e pensieri; associare sempre ai cambiamenti nutrizionali aumento dell’attività fisica; rispettare gusti e abitudini nutrizionali della persona/famiglia; garantire una dieta sana, varia, ricca di frutta, verdura, prodotti integrali e proteine di alta qualità e povera di zucchero aggiunto, cereali raffinati e alimenti trasformati, ispirandosi alla Dieta Mediterranea per la bassa densità calorica, la ricchezza di fibre e antiossidanti, il basso indice glicemico, il basso contenuto di acidi grassi saturi e l’alto contenuto di quelli monoinsaturi (dall’olio d’oliva); favorire un’alimentazione regolare a orari stabiliti divisa in 4-5 pasti al giorno; mangiare attivando i 5 sensi, lentamente, senza la visione di schermi quando si mangia.

L’intervento sull’attività fisica si fonda su due rami: da un lato la riduzione della sedentarietà, contrastando il “tempo sedentario screen-correlato” (TV, PC, tablet, cellulare), dall’altro l’aumento del movimento. L’attività fisica, oltre ad aumentare la spesa calorica, aumenta il benessere psico-fisico generale, migliora la forma e le prestazioni, solleva lo spirito e risulta fondamentale per il mantenimento del calo ponderale nel tempo. L’esercizio fisico deve essere piacevole, divertente, appropriato per l’età e la fase di sviluppo.
Sia le restrizioni caloriche che gli esercizi fisici, se indirizzati ossessivamente verso il dispendio energetico, possono adire a comportamenti disfunzionali (ossessioni, dipendenze), da intercettare precocemente e bloccare.

Una sfida particolare è rappresentata dall’adolescente con obesità. In questa fascia di età, l’obesità è ad alto rischio di cronicizzarsi nell’età adulta, con tutti i problemi di salute che comporta. Tuttavia, proprio l’adolescente è un paziente in cui è difficile trattare l’obesità, per l’elevata frequenza di comportamenti alimentari poco salutari o estremi, disturbi alimentari, rifiuto di seguire le regole e i consigli degli adulti, dipendenza dai mezzi tecnologici, abbandono sportivo, problematiche psicologiche legate allo stigma, alla vergogna, alla sfiducia in se stessi. Poiché il dimagrimento in un adolescente sovrappeso può essere l’innesco di un disturbo alimentare, monitorizzare il giovane nel caso intervenissero meccanismi insani di riduzione ponderale: saltare i pasti, vomitare, digiunare o mangiare molto poco, escludere intere classi di nutrienti, adottare programmi di esercizio fisico eccessivo, ricorrere all’assunzione di lassativi, pillole o integratori per dimagrire di dubbia sicurezza.

I farmaci per il dimagrimento e la chirurgia bariatrica rappresentano ulteriori strategie che possono essere combinate con l’intervento sul comportamento per i pazienti che non sono riusciti a perdere peso o a mantenerlo e/o presentano problemi di salute legati all’eccesso di peso, quali ipertensione, sindrome metabolica, steatoepatite non alcolica, diabete mellito tipo 2.

Carlo Alfaro

Nato a Sant’Agnello il 30/11/1963, vive a Sorrento, con l’amata sorella e i suoi gatti. Medico pediatra, attualmente ricopre l’incarico di Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, è inoltre Consigliere Nazionale della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA) e redattore della Rivista ufficiale della Società, RIMA. Appassionato di divulgazione scientifica, dal 2015 è giornalista pubblicista. Ama i bambini, il teatro, il cinema, la musica, i libri e la Natura. Adora recitare e scrivere testi, organizzare eventi culturali e stare sui social.

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