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Cultivar e regioni, scoprire i sapori dei territori

Assaggiare i territori? Si assaggiando l’Olio extravergine di oliva. Il sapore di pomodoro piuttosto che di mela o carciofo o altro, espresso da un buon Evo è l’immagine del territorio.  Si può decidere di fare un viaggio per assaggiare nelle diverse regioni le diverse cultivar.

L’Italia ha circa un milione di ettari di terreno agricolo destinato ad olivicoltura per un totale di 250 milioni di alberi.

 

CAMPANIA

Dal mare alla collina protagoniste di questo percorso sono: l’Ogliarola e la Ravece, in provincia di Avellino, l’Ortice e l’Ortolana, in provincia di Benevento; l’Olivo da olio in Penisola Sorrentina, l’Asprinia, la Tonda e la Sessana in provincia di Caserta, la Rotondella, la Carpellese, la Nostrale, la Biancolilla e la stessa Pisciottana, in provincia di Salerno. Sono circa 60 le varietà catalogate dagli esperti. La Campania vanta, inoltre, cinque oli DOP: Penisola Sorrentina, Colline Salernitane, Valle dell’Ufita, Cilento e Terre Aurunche. Le prime piante furono impiantate dai Focesi in Penisola Sorrentina.

SICILIA

Cerasuola, Nocellara del Belice e Biancolilla, nella Sicilia occidentale; Moresca, Tonda Iblea e Nocellara Etnea, nella Sicilia orientale. A promuovere sin dall’antichità l’olio siciliano il “De Rustica” di Columella. Nell’isola la superficie destinata alla coltivazione dell’olivo di estende per circa 160 mila ettari con il 60% della superficie olivetata che ricade nelle province di Palermo, Trapani, Messina, Agrigento ed Enna. Sei le denominazioni di origine protetta (DOP) per la produzione di olio extra vergine di oliva: Monte Etna, Monti Iblei, Val di Mazara, Valdemone, Valle del Belice, Valli Trapanesi. Le zone maggiormente vocate alla produzione di olive da mensa sono quelle di Trapani, Siracusa e Catania. Nella provincia di Trapani , nei comuni di Castelvetrano, Campobello di Mazara e Partanna – è dominante la varietà della Nocellara del Belice, la cui produzione rappresenta circa il 70% della produzione regionale complessiva. Nelle province di Ragusa, Catania e Siracusa, sono diffuse le varietà Nocellara Etnea e Tonda Iblea. Per la produzione di olive da mensa, sul territorio isolano, risulta presente una DOP, la “Oliva Nocellara del Belice”, ed anche una IGP, per l’olio di oliva.

CALABRIA

Carolea, Cassanese, Ottobratica, Tonda di Strongoli, Grossa di Gerace, Ciciarello, Roggianella, Sinopolese, Dolce di Rossano, Borgese, Pennulara, Roggianella, Rossanese, Sinopolese, Zinzifarica. Sono le principali cultivar. L’olivicoltura è diffusa su tutto il territorio regionale, con un livello di maggiore concentrazione nella zone intorno Sibari, nel lametino e nella piana di Gioia Tauro. In particolare, l’area del lametino è l’unica dove si realizza la coincidenza tra il maggior numero di aziende e la più alta percentuale di superfici olivetate. La superficie investita ad olivo, è di 182.000 ettari.

PUGLIA

Coratina occupa una superficie di circa 90.000 ettari (pari all’8% del totale nazionale), altre cultivar sono “Ogliarola Salentina”, la “Cellina di Nardò” e l’ “Ogliarola Barese”. La superficie investita ad olivo, secondo gli ultimi dati Istat (2013) è di 374.250 ettari. In Puglia, il 15% della superficie olivicola è coltivata con metodi di produzione biologica; l’olivo copre una superficie pari a circa 55.000 ettari, che rappresentano il 32% del totale delle superfici bio, su un totala regionale di 171mila ettari e il 20% della produzione nazionale.Rispetto alla dimensione provinciale, la superficie investita è così ripartita: Bari 27%, Lecce 25%, Brindisi 17%, Foggia 13%, Taranto 9% e Barletta-Andria-Trani 9%. Nella regione sono presenti cinque DOP, rispettivamente nelle province di Brindisi (Collina di Brindisi), Foggia (Dauno), Bari (Terra di Bari), Lecce, Taranto e Brindisi (Terre d’Otranto), Taranto (Terre Tarantine). L’olivicoltura pugliese è caratterizzata da una vasta gamma di varietà, si arriva a contarne circa 53. Sul territorio pugliese sono presenti le varietà con maggiore consistenza in termini di superficie occupata. BASILICATA: Quinto Orazio Flacco in epoca romana, descrive l’insediamento olivicolo di Venafro. Si tratta di uno tra i più antichi riferimenti sulla presenza delle piante di olivo in Italia. La superficie coltivata ad olivi supera i 30 mila ettari ed è distribuita sull’85% del territorio regionale. Il 57% circa in provincia di Matera ed il restante 43% in provincia di Potenza. Il 10% della produzione è coltivata con metodi biologici. 5 milioni, in totale, le piante di olivo presenti che svolgono una funzione protettiva del paesaggio, di difesa dell’ambiente e del suolo da erosione e smottamenti. In condizioni ottimali la produzione di olio extra vergine di oliva della Basilicata con 5 mila tonnellate all’anno rappresenta il 6% della produzione lorda vendibile regionale e circa il 2% di quella nazionale. Nell’offerta di qualità dell’olio extra vergine lucano si annovera anche la Dop “Vulture”. Tra le varietà più diffuse e utilizzate per la produzione di qualità destinata all’imbottigliamento si trovano: Coratina, Leccino, Ogliarola del Vulture e del Bradano, la Maiatica. L’olio, dal fruttato medio-leggero, si distingue per una presenza persistente di dolce e piccante.

LAZIO

Nel 160 a.C. Marco Porzio Catone esaltava l’olio della Sabina, che durante il medioevo, grazie all’attività dei monaci di Farfa, divenne il centro principale dell’olivicoltura laziale. Furono gli Etruschi a piantare i primi olivi in tutta l’Italia centrale, e in particolare nella Tuscia, tramandando metodi di impianto e di coltivazione “naturale” ancora oggi seguiti. La superficie investita ad olivo, è di 80.000 ettari circa. L’8% di questa superficie è coltivata con metodi di produzione biologica. Rispetto alla dimensione provinciale, si registra una differenziazione notevole tra le varie superfici ad olivo, con Roma (30%), Frosinone (23%), Viterbo (17%), Latina (16%) e Rieti (14%). Quattro le DOP presenti sul territorio: Canino e Tuscia, rispettivamente nelle province di Viterbo, Sabina, nelle zone della Sabina romana e della Sabina reatina, Colline Pontine nella provincia di Latina. Le varietà sono: Canino, Crogiolo, Strana, Olivine, Raja Sabina, Carboncella, Fosco, Rosciola ed ancora Minutella, Itrana, Leccino, Moraiolo, Frantoio, Carboncella, Sirole, Salvia, Marina, Vallanella, Canino. Gli oli ottenuti dai “cloni” sono principalmente fruttati di intensità medio-leggera, con gusto armonico e alcuni con una sensazione di piccante. Le più conosciute sono l’Itrana e la Canino. La prima si contraddistingue per fruttato intenso, profondamente erbaceo, con sentori di carciofo, di pomodoro e di mandorla. Il sapore è ben equilibrato, con note leggermente speziate intense e fortemente amaro; retrogusto di erba, carciofo e pomodoro. La cultivar Canino invece si caratterizza per fruttato medio-leggero, di oliva verde, con forte sentore di mandorla e lieve sentore di carciofo. Il suo sapore è prevalentemente dolce con leggere note di piccante e piacevolmente amaro.

ABRUZZO

Dritta di Pescara e Tortiglione di Teramo, sono due varietà autoctone tipiche dell’olivicoltura abruzzese. Dai dati dell’osservatorio economico di Unaprol risulta che l’olivicoltura in Abruzzo è la seconda coltura arborea più coltivata subito dopo la vite. Il patrimonio olivicolo abruzzese è stimato in 9 milioni di piante su circa 46.000 ha che rappresentano il 50% della sola superficie agricola arborea utilizzata (SAU). Al primo posto la provincia di Chieti con circa il 57% della produzione regionale. Seguono Pescara con il 25% e Teramo con il 14%.
Tre le DOP presenti sul territorio rispettivamente nelle province di Chieti, Colline Teatine, Pescara, Aprutino Pescarese e Teramo, Pretuziano delle colline teramane.

UMBRIA

L’Umbria può essere considerata una delle aree olivicole più interessanti del Paese per l’alto livello qualitativo delle produzioni e per la stretta correlazione esistente con il tessuto economico-sociale e con i risvolti etici ed ambientali che ne derivano. In Umbria l’olivicoltura si estende su oltre 27.000 ettari con quasi 7,5 milioni di piante e 30.000 i produttori. Le varietà principali diffuse in Umbria sono Moraiolo, Leccino, Frantoio. Nella regione è presente una sola dop “Umbria”, che comprende 5 sottozone, alle quali corrispondono altrettante menzioni geografiche: Colli Assisi Spoleto; Colli Martani; Colli Amerini, Colli del Trasimeno e Colli Orvietani. L’olivicoltura umbra ha una forte valenza paesaggistica; un’elevata immagine legata all’alto livello qualitativo delle produzioni, forte competenza degli olivicoltori che fanno della coltura una delle leve competitive del sistema economico agricolo della regione e del Paese.

MARCHE

La coltivazione dell’olivo e la molitura delle olive nella regione ha origini antichissime. Ancora oggi nelle Marche, grazie a 7.200 ettari di oliveto specializzato e ad una produzione di 45.000 quintali, viene prodotto un olio extra vergine di oliva di grandi qualità organolettiche. L’olio tipico marchigiano è caratterizzato da un fruttato medio-leggero, dal gusto tendenzialmente dolce con note di amaro e piccante. Tra le varietà autoctone vanno ricordate la Coroncina, il Piantone di Falerone, il piantone di Mogliano, la Rosciola, il Sargano di Fermo, l’Orbetana, la Mignola, la Carboncella, la Raggia e la Raggiola. La qualità dell’olio è inscindibilmente legata all’oliva. Molto pregiata è l’ oliva tenera ascolana, che è unanimemente ritenuta la migliore oliva verde da tavola. Il suo habitat naturale è vicino ad Ascoli Piceno. Nel mondo è nota, oltre che in salamoia, nella versione farcita e fritta “all’ascolana”. Scopri le città dell’olio delle Marche..

MOLISE

A Campobasso vi è l’oliva nera di Colletroto ma la pianta di olivo si coltiva nella intera provincia di Campobasso e nella piana di Venafro in provincia di Isernia, nella zona litoranea marina e sulle dorsali montane dell’Alto Molise. Nella regione è presente una sola denominazione di origine protetta, la DOP Molise e per la produzione di quest’olio si utilizzano, per almeno l’80%, le drupe prodotte dalle varietà principali: Aurina (o Licinia), Gentile di Larino, Oliva nera di Colletorto, e Leccino; il 20% è costituito da altre varietà coltivate nella regione tra le quali: Paesana bianca, Sperone di gallo, Olivastro Rosciola. .

EMILIA ROMAGNA

La coltura dell’olivo si sviluppa, in Emilia-Romagna, su una superficie complessiva ripartita per il 56% in provincia di Rimini, il 30% in provincia di Forlì-Cesena, il 13% in provincia di Ravenna e l’1% in provincia di Bologna. Le aree geografiche di riferimento e più importanti per la coltivazione dell’olivo in Regione sono: le valli dei fiumi Marecchia, Marano e Conca in provincia di Rimini, le valli del Rubicone, del Savio, del Bidente e del Montone in provincia di Forlì-Cesena e le valli del Senio e del Lamone in provincia di Ravenna.
Due DOP: Brisighella DOP e Colline di Romagna DOP. La produzione del Brisighella è circoscritta a quattro comuni delle provincie di Ravenna e Forlì. Lo si ottiene dalla molitura di olive locali (la varietà Brisighella. L’olio extra-vergine di oliva Colline di Romagna è prodotto dagli uliveti esistenti sulle colline delle Provincie di Forlì-Cesena e di Rimini, sui Colli di Forlì e Cesena, il territorio compreso fra Roncofreddo, Montiano, Longiano e Borghi, è quello che assicura una consistente produzione di ottima qualità; aree vocate sono anche le alture di Modigliana e Forlì, Forlimpopoli, Bertinoro, Cesena e Savignano. Fonti statistiche della regione Emilia-Romagna riportano una superficie olivetata complessiva di circa 1400 ettari e un patrimonio olivicolo stimato in circa 300.000 piante, di cui il 70% in provincia di Rimini, il 20% in quella di Forlì-Cesena e il restante 10% in quella di Ravenna.
TOSCANA – La coltura dell’olivo in Toscana, praticata già all’epoca degli Etruschi, si è consolidata intorno al 1400 all’interno delle grandi proprietà fondiarie nobiliari ed ecclesiastiche. La Toscana è soprattutto terra di pregiati oli DOP. Quello del Chianti Classico lo si ottiene nelle province di Firenze e Siena con le cultivar: Frantoio, Correggiolo, Moraiolo e Leccino, che devono rappresentare almeno l’80% delle drupe di partenza. L’olio DOP Terre di Siena si contraddistingue per un fruttato leggermente amaro e piccante da olive delle cultivar: Frantoio, Correggiolo, Leccino e Moraiolo, che a livello aziendale devono essere presenti, singolarmente per almeno il 10%, e tutte assieme in misura non inferiore all’85%. Il territorio di origine è rappresentato per gran parte dalla provincia senese. Per quanto invece riguarda l’IGP Toscano, che e l’unica Indicazione geografica protetta che aderisce a FederDOP, viene prodotto in tutta la regione e può essere accompagnato da 8 menzioni geografiche aggiuntive indicative della provenienza: «Seggiano» ottenuto in alcuni comuni del Grossetano, «Colline Lucchesi» in provincia di Lucca, «Colline della Lunigiana» in provincia di Massa Carrara, «Colline di Arezzo» nell’Aretino, «Colline Senesi» nella provincia di Siena, «Colline di Firenze» in quelle di Firenze e Prato, il «Montalbano» nelle province di Pistoia e ancora di Firenze e il «Monti Pisani» in quella di Pisa.
LOMBARDIA: Nel panorama dell’olivicoltura nazionale l’olivicoltura lombarda rappresenta una piccolissima nicchia di alta qualità, date le favorevoli condizioni climatiche dell’area di produzione circoscritta in maniera significativa lungo le riviere del laghi Lombardi e del Garda. Qui si coltivano le varietà Leccino, Pendolino, Frantoio, Casaliva, Bresa, Moraiolo. Sono presenti sul territorio regionale due denominazioni di origine: “Garda”, nelle province di Mantova e Brescia, e “Laghi Lombardi” nelle province di Brescia, Como, Lecco e Bergamo.

FRUILI VENEZIA GIULIA

Sono circa 300 ettari coltivati ad olivo di cui 100 nella provincia di Trieste, 150 nella provincia di Udine, 30 nella provincia di Pordenone e 20 in quella di Gorizia, con un trend di crescita costante delle superfici olivate negli ultimi anni.
Tutto questo è il frutto dell’adozione da parte della Regione di una miscela tipica (‘blend regionale’) di varietà di olive in cui predomina, per il 50%, l’autoctona Bianchera-Belica, così chiamata perché anche a completa maturazione il suo colore non diventa scuro.
La diffusione dell’olivicoltura nelle province di Trieste e Gorizia coinvolge circa seicentooli vicoltori dei quali oltre ottanta coltivano più di 100 piante d’olivo; di questi ultimi una decina utilizza il marchio a Denominazione di origine protetta “Tergeste” per l’olio extravergine di oliva. Le varietà di olivo presenti negli oliveti devono rispettare le seguenti proporzioni:- la cultivar autoctona “Bianchera o Belica” non deve essere inferiore al 20 per cento dellepiante coltivate;- le varietà: “Carbona”, “Leccino”, “Leccio del corno”, “Frantoio”, “Maurino”, “Pendolino”, possono essere coltivate da sole o congiuntamente per la differenza.

TRENTINO ALTO AGIDE

L’olivicoltura del Trentino Alto Adige, non è dissimile da quella del Veneto. L’olivicoltura di questa zona è uno dei pilastri dell’areale del Garda Dop. Circa 1200 sono le imprese coinvolte in un’area che si sviluppa sotto la giurisdizione di ben 11 amministrazioni comunali. Casaliva, Frantoio, Pendolino e Leccino rappresentano le varietà che caratterizzano questo comprensorio dell’olivicoltura del Nord Italia, di sicuro la “punta” di un sistema imprenditoriale evoluto sia sotto il profilo tecnico e strutturale, sia sui processi di innovazione tecnologica e tecnica, sempre più focalizzati sulle tendenze della domanda di mercato, sia interno che internazionale.

VENETO

La coltura dell’olivo sembra essere stata introdotta in Veneto dai coloni romani. Tracce della sua presenza nell’area veronese risalgono all’alto Medioevo. La buona esposizione e la protezione dalle correnti fredde ne hanno favorito la successiva diffusione in Valpolicella e nelle vicine valli veronesi, e quindi sulle colline vicentine fino a Pove del Grappa e su quelle asolane, fino alle pendici dei Colli Berici ed Euganei. L’olio extra vergine di oliva Veneto Valpolicella D.O.P. con olivaggi a base di Grignano o Favarol – ha colore giallo con lieve tonalità di verde, un odore di fruttato leggero e un sapore pure fruttato, con lieve sensazione di amaro e retrogusto muschiato. Si produce nella zona che si estende sulla parte destra dell’Adige e comprende le terre vinicole del Recioto e dell’Amarone, a partire dai comuni della zona classica, per poi allargarsi alla zona di produzione del Bianco di Soave. Il Veneto “Euganei e Berici” D.O.P. – con olivaggi a base di Leccino e Rasara – presenta un colore verde-oro da intenso a marcato, un odore fruttato di varia intensità e un sapore fruttato, con leggera sensazione di amaro. Le zone di produzione sono i Colli Berici, nel basso Vicentino, di natura calcarea; i Colli Euganei, nel padovano, di natura vulcanica.

Il Veneto “del Grappa” D.O.P. – con olivaggi a base di Frantoio e Leccino – è verde-oro con modeste variazioni del giallo, odora di fruttato di varia intensità, e anche al gusto si sente un fruttato con sensazione di amaro. Viene prodotto nella fascia collinare pedemontana delle province di Vicenza e Treviso, seguendo le vigne del Torcolato di Breganze, dei vini di Asolo e del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene sulla sinistra Piave.

PIEMONTE/VALLEAOSTA

In Piemonte, su un territorio montuoso e a latitudini quasi proibitive per la coltura dell’olivo, la produzione di olio extra vergine di oliva vanta comunque una lunga tradizione nei secoli. Si ritiene che l’introduzione dell’olivicoltura in Piemonte potrebbe risalire addirittura all’epoca dei legionari romani, che colonizzarono le nostre terre, lasciando molte tracce del loro passaggio per esempio in molti centri monferrini. Ma anche in altre aree del Piemonte, come nella Valle di Susa o nel Biellese, è molto probabile che gli olivi venissero coltivati già all’epoca degli antichi romani. La scommessa di riportare le olive in Piemonte sta avendo un grande successo tra coltivatori locali. Un impegno voluto dall’amministrazione locale, seguendo la storia piemontese. I dati raccolti hanno messo in evidenza che, sul territorio provinciale, esistono circa 17.000 piante di olivo, su una superficie pari a 57 ettari, dislocati principalmente in tre grandi aree: Canavese (zona nord della Provincia di Torino), Pinerolese (zona sud ovest) e Area Collinare Torinese.
Il terreno d’origine morenica favorisce la crescita delle piantagioni di olivi. L’olio ottenuto ha delle caratteristiche organolettiche uniche, premiate dal mercato. Gli assaggiatori parlano di un’acidità limitata, oltre che di un gusto delicato e leggero. Le varietà più diffuse per la produzione di olio in Piemonte sono: il Leccino, il Frantoio, il Pendolino e il Leccio del Corno, avendo dimostrato di essere abbastanza resistenti al freddo ed alle principali malattie.

LIGURIA

Taggiasca, ma anche Lavagnina. Ad occidente, protagonista la prima, ad oriente la seconda. Nell’entroterra della Riviera Ligure c’è la cultivar Lavagnina. Una specie di olivo che è cugina prima della Taggiasca, anzi, è la Taggiasca radicata a Levante.

SARDEGNA

La Sardegna, isola del Mediterraneo e della longevità è protagonista ad Expo coni suoi oli extra vergine prodotti dalle filiere tracciate Unaprol. Nella regione se ne contano diverse e ben 14 partecipano ad Expo. Il patrimonio olivicolo sardo è caratterizzato da una dimensione aziendale molto ridotta. La superficie media è inferiore ad un ettaro, mentre oltre il 50% delle aziende ha una dimensione inferiore ai due ettari e appena il 13% possiede una superficie superiore 10 ettari. I dati emergono dai due convegni organizzati da Unaprol nell’area attrezzata ad AgriExpo presso l’ingresso Sud del Cardo ad Expo 2015. “Quello che colpisce dell’offerta olivicola della Sardegna è la vasta gamma di cultivar ed ecotipi, spesso diffusi in areali limitati, che vengono tutelati per preservare la biodiversità e il germoplasma”. Ha riferito Luca Saba direttore regionale della Coldiretti Sardegna. “Una larga parte di queste cultivar – ha poi aggiunto – sono presenti nelle specifiche della Dop “Sardegna”: la Bosana, la Tonda di Cagliari, la Nera di Villacidro e la Semidana”.

La coltivazione dell’olivo in Sardegna, diffusa in tutto il territorio regionale, assume un contenuto fortemente multifunzionale, che con riferimento al prodotto, vuol dire qualità e sicurezza alimentare; con riferimento al paesaggio, ricopre un ruolo essenziale per la difesa dell’ambiente contro il dissesto idrogeologico. La superficie investita ad olivo in Sardegna, supera i 31.000 ettari. Il 12% di tale superficie è coltivata con metodi di produzione biologica. Rispetto alla ripartizione provinciale delle superfici investite, si registra una situazione abbastanza omogenea; Cagliari rappresenta il 26%, Sassari il 23%; segue la provincia di Oristano con il 16%. Il restante 35% è diviso tra le altre province

Elisabetta Donadono

Elisabetta Donadono, napoletana, giornalista, comunicatrice e sommelier dell’olio extravergine d’oliva ha ideato prima napolipost.com e poi il grandfood.it. Due esperienze editoriali che propongono una lettura nuova, positiva, emozionale e coraggiosa delle eccellenze d’Italia. Dall’arte al cibo, dal cibo all’arte, i percorsi giornalistici indagano l’arte ed il cibo, raccontandoli in modalità nuova, in chiave originale, in versione fantasiosa. Articoli che hanno anticipato ed anticipano la conoscenza di luoghi, prodotti, persone, oggetti utilizzando di volta in volta tutti i sensi. Il grandfood.it nasce dopo i libri Il Grand Food Campania ed Il Grand Food Lazio, due libri per circa 100 racconti di cibi ‘gustati’ attraverso i monumenti e l’arte osservata cucinando buon cibo. Il Grand Food, in versione web e sociale è una nuova sfida tutta da fare con e per i lettori!

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