Pompei in un bicchiere di vino
Pompei e il vino
Pompei si può visitare ed anche gustare. Gustare il suo vino. Si vendemmia a Pompei nell’ettaro e mezzo destinato a vigneto nelle Regiones I e II dell’antica Pompei.
VITIGNI
Aglianico, Piedirosso e Sciascinoso sono le uve che coltivavano i romani e sono le uve che si continuano a coltivare. Si è ritornati a piantare uve a forma di alberello nei terreni nei pressi del Foro Boario, della casa del Triclinio estivo, della Domus della Nave Europa, della Caupona del Gladiatore, della Caupona di Eusino, dell’Orto dei Fuggiaschi.
La resa potenziale è di circa 40 quintali per ettaro. In particolare si può bere l’aglianico, vitigno di origine greca (“Vitis Hellenica”) che cresce grazie alla tipica potatura corta ellenica
AGLIANICO
Quest’anno si può bere (prodotto dall’azienda Mastroberardino che ha una convenzione con il Parco archeologico di Pompei) il Villa dei Misteri del millesimo 2012. Vino che giunge a maturazione dopo un lungo periodo di affinamento e si presenta con colore rosso rubino e offre un profilo olfattivo molto complesso con note che ricordano la prugna, la marasca, la mora, il tabacco, la liquirizia, la vaniglia, le erbe officinali, il pepe e i chiodi di garofano. Al palato si caratterizza per buona densità e persistenza con sensazioni sapide, acide e morbide molto decise. Tutti gli aspetti sensoriali sono ben equilibrati tra loro e di particolare finezza.
STUDI SUL VINO ROMANO
I romani amavano coltivare le viti. Numerosi gli studi sulle tecniche di viticoltura romana. Gli esperti del Parco archeologico di Pompei affermano: “Lo scavo e lo studio dei vigneti hanno permesso di ricavare ulteriori informazioni riguardanti la viticoltura romana-pompeiana, scoprendo che i vigneti urbani erano coltivati a mano ,dato che le tracce lasciate dalla disgregazione delle radici erano distanti ogni 4 piedi romani, poco piu’ di un metro, con riscontro anche negli scritti di Plinio e Columella. Dagli studi è stato possibile definire le seguenti informazioni: la vite era sostenuta mediante supporti ,in particolare paletti e graticci, di cui sono stati individuati gli alloggiamenti accanto alle buche lasciate dalla disgregazione delle radici delle viti. Il tutto trova conferma in alcune fonti scritte; la presenza di sistemi di drenaggio che consentivano il defluire dell ‘acqua nel momento in cui vi fosse sia un eccesso oppure di trattenerla per i momenti di siccita’ . la presenza all’interno del vigneto di sentieri che consentivano l ‘accesso e il trasporto dei prodotti agricoli verso l’esterno, collegati ai punti di accesso del vigneto ; la presenza di alberi da frutto (fichi, peri e ulivi), ricavata dallo studio dei reperti archeobotanici, ovvero delle buche lasciati dagli apparati radicali. Un altra caratteristica importante è la presenza tra filari di bauli, cioè rincalzi di terra nei quali sono stati individuati dei semi di legumi. Caratteristica che trova riscontro anche nelle forme scritte e che potrebbe testimoniare oltre alla pratica dell’ intercoltura, (con presenza di alberi da frutto, viti, prodotti orticoli ) anche quella dell’utilizzo di legumicome fertilizzanti dei terreni“.