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Sale, quanto consumarne

Si è tenuta dal 15 al 21 maggio 2023 la “Settimana mondiale per la riduzione del consumo di sale”, promossa dalla World Action on Salt, Sugar and Health (WASSH), l’Associazione costituita nel 2005 presente con i suoi partner in 100 Paesi dei diversi continenti.

Obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms)

Obiettivo dell’iniziativa, sensibilizzare la popolazione sull’importanza per la salute di mantenere l’introito di sale sul target raccomandato dall’Oms: meno di 5 grammi al giorno (corrispondenti a circa 2 grammi di sodio: il contenuto di un cucchiaino da tè). Il fabbisogno minimo di un adulto è di 100-600 mg di sodio al giorno, ovvero 0,25-1,5 grammi di sale.
A livello globale, il consumo giornaliero di sale è in media circa il doppio della quantità raccomandata dall’Oms (sono stati stimati 10.78 g/die nel 2019).

Un rapporto dell’Oms del 2023 mostra che solo il 5% degli Stati membri (Brasile, Cile, Repubblica Ceca, Lituania, Malesia, Messico, Arabia Saudita, Spagna e Uruguay) è protetto da politiche di riduzione del sodio obbligatorie e complete e che il 73% degli Stati membri non dispone di una gamma completa di attuazione di tali politiche (Italia compresa). Eppure, sottolinea l’Oms, l’attuazione di politiche di riduzione del sodio potrebbe salvare circa 7 milioni di vite a livello globale entro il 2030.

Il Piano d’azione globale per la prevenzione e il controllo delle malattie croniche non trasmissibili 2013-2020 (Global action plan for the prevention and control of noncommunicable diseases 2013–2020), dell’Oms, esteso al 2030, auspica una riduzione del 30% del consumo medio di sale/sodio nella popolazione entro il 2025 rispetto al 2010.

Consumi in Italia

In Italia nel periodo 2018-2019 è stato riscontrato, attraverso la raccolta delle urine delle 24 ore in campioni di popolazione di età 35-74 anni residenti in 10 Regioni, un consumo medio giornaliero di sale pari a 9,5 grammi negli uomini e 7,2 grammi nelle donne. Il target dell’Oms di un consumo inferiore a 5 grammi al giorno è stato rispettato solo dal 9% degli uomini e dal 23% delle donne. Tali valori risultano però in miglioramento rispetto a quelli riscontrati nel periodo 2008-2012 (10,8 g negli uomini e 8,3 g nelle donne, con un consumo inferiore a 5 grammi al dì nel 4% degli uomini e nel 15% delle donne).

Infanzia

È fondamentale limitare l’introito di sale in tutte le età, iniziando fin dall’infanzia. Uno studio americano condotto su un’ampia popolazione pediatrica ha registrato un consumo di sodio eccessivo in tutte le fasce di età, che aumenta con la crescita ed è maggiore nei maschi e al Sud. In Italia, i livelli di assunzione di riferimento (LARN) per un adeguato apporto di sodio giornaliero in età pediatrica riportati dalla Società Italiana di Nutrizione Umana sono: 400 mg tra i 6 e i 12 mesi, 700 mg tra 1 e 3 anni, 900 mg dai 4 ai 6 anni, 1100 mg da 7 a 10 anni, 1500 mg nella fascia d’età 11-17 anni. I dati raccolti dal Ministero mostrano consumi di sale maggiori del dovuto soprattutto nella fascia 6-18 anni.

Come abbandonare il sale

Il tema della settimana 2023 è “Ditch the salt” (“Abbandona il sale”).

Secondo l’Oms, i “Best Buys” (letteralmente, “migliori acquisti”) per la riduzione del sodio sono:
1. Stimolare le multinazionali dell’industria alimentare a riformulare i loro prodotti per contenere meno sale, considerato che circa il 60-80% del sale consumato non è aggiunto durante la cottura dei cibi o a tavola, bensì già presente in cibi confezionati. Infatti, il sodio si trova naturalmente in molti alimenti, come latte (circa 50 mg/100 g) e uova (circa 80 mg/100 g), ma le quantità più elevate sono in alimenti trasformati, come pizza (circa 750 mg/100 g), pane (circa 250 mg/100 g), biscotti (circa 200 mg /100 g), salatini (circa 1500 mg/100 g), prosciutto cotto (circa 750 mg/100 g) e crudo (circa 2600 mg/100 g), mozzarella (circa 200 mg/100 g), parmigiano (circa 300 mg/100 g). Il processo di trasformazione inoltre riduce la quantità di potassio (che bilancia gli effetti del sodio) in molti prodotti alimentari.

2. Stabilire politiche di limitazione degli alimenti ricchi di sale o sodio nelle istituzioni pubbliche come ospedali, scuole, luoghi di lavoro e case di cura.
3. Etichettatura chiara sulla parte anteriore delle confezioni che aiuti i consumatori a identificare il contenuto di sodio.
4. Comunicazione e campagne sui mass media per ridurre il consumo di sale/sodio in cucina e a tavola, es. limitando il consumo di salse di soia, ketchup, condimenti per insalata, salumi, sughi pronti, cibi in scatola o precotti.
Misure in Italia
In Italia, l’attuale Piano Nazionale della Prevenzione (PNP) 2020-2025 (Intesa Stato-Regioni del 6 agosto 2020) prevede una linea strategica di intervento per la riduzione del consumo di sale. Il Ministero della Salute suggerisce 5 azioni concrete per ridurre il consumo di sale a meno di 5 grammi al giorno, raccomandate anche da WASSH:
1. insaporire le pietanze al posto del sale con erbe aromatiche (come aglio, cipolla, basilico, prezzemolo, rosmarino, salvia, menta, origano, maggiorana, sedano, porro, timo, semi di finocchio) o spezie (come pepe, peperoncino, noce moscata, zafferano, curry) o succo di limone o arancio, aceto.
2. mangiare più frutta e verdura fresca e scolare e risciacquare le verdure e i legumi e in scatola.
3. controllare le etichette per scegliere prodotti alimentari meno salati. E’ buona norma limitare l’uso di condimenti contenenti sodio (dado da brodo, ketchup, salsa di soia, senape) e di alimenti trasformati ricchi di sale (snack salati, patatine in sacchetto, olive da tavola, alcuni salumi e formaggi).
4. ridurre gradualmente il sale nelle ricette consentendo alle papille gustative di adattarsi.
5. non mettere a tavola sale e salse salate.

Effetti negativi del sale sulla pressione e sul cuore

Un consumo eccessivo di sale favorisce ritenzione idrica e aumento della pressione arteriosa, con conseguente incremento del rischio di patologie cardio-cerebrovascolari quali infarto del miocardio e ictus cerebrale. L’Oms stima che se si riducesse il consumo di sale nel mondo da 10 a 5 grammi al giorno, si avrebbe un calo del 23% del rischio di ictus e del 17% di malattia coronarica. Ciò è confermato da un modello statistico messo a punto dai ricercatori della Queen Mary University of London e pubblicato su BMJ Nutrition, Prevention and Health: riducendo di 1 grammo il consumo giornaliero di sale, si potrebbero abbassare i livelli della pressione arteriosa sistolica in media di circa 1,2 mmHg ed evitare 9 milioni di accidenti cardiovascolari entro il 2030 nella sola popolazione cinese, e continuando fino al 2040, 13 milioni di casi di infarto e ictus. Una metanalisi internazionale coordinata dall’Università di Modena e Reggio Emilia (Unimore) pubblicata su Circulation ha valutato la correlazione tra sodio nella dieta e pressione sanguigna in 85 studi pubblicati tra il 1973 e il 2018 per un totale di oltre 10.000 partecipanti. Ne è emersa una relazione dose-risposta lineare tra assunzione di sodio e pressione sistolica e diastolica media, nel senso che ad ogni livello di sodio corrisponde un determinato livello di pressione. In particolare, per ogni diminuzione di 1 grammo al giorno dell’escrezione di sodio si è trovata una riduzione di 2,42 mmHg di pressione arteriosa sistolica e 1,01 mm Hg di diastolica. Secondo uno studio pubblicato su European Heart Journal 2022, le persone che aggiungono sale al cibo a tavola corrono un rischio maggiore di morire prematuramente per qualsiasi causa. I ricercatori hanno analizzato i dati di 501.379 persone registrate alla UK Biobank, le quali hanno compilato al momento del loro ingresso nello studio un questionario relativo all’aggiunta di sale ai cibi. Gli autori hanno seguito i partecipanti per una media di 9 anni, scoprendo che aggiungere sempre sale agli alimenti era legato a un rischio più elevato del 28% di morte prematura (prima dei 75 anni di età) per tutte le cause. Un ampio studio svedese pubblicato su European Heart Journal Open 2023 che ha coinvolto oltre 10.000 persone tra 50 e 64 anni arruolate nello Swedish CArdioPulmonary bioImage Study (SCAPIS), un grande progetto di ricerca sulla salute cardiovascolare, ha mostrato che un’elevata assunzione di sale è un rilevante fattore di rischio per l’aterosclerosi anche in assenza di ipertensione. Confrontando i rilievi di tomografia computerizzata coronarica ed ecografia delle arterie del collo con il dosaggio dell’escrezione di sodio nelle 24 ore, si è scoperto che ogni grammo in più di sodio escreto nelle urine corrisponde fino a un 17% di aumento del rischio di aterosclerosi nelle arterie del cuore e del collo, indipendentemente dallo sviluppo di ipertensione. Un ampio studio di popolazione, il Salt Substitute and Stroke Study, pubblicato sul News England Journal of Medicine e condotto in 600 villaggi nelle aree rurali di cinque province cinesi, per un totale di quasi 21.000 partecipanti, ha dimostrato che utilizzare un sostituto del sale a basso apporto di sodio può ridurre il rischio di ictus nelle persone a rischio, ossia chi ha la pressione alta o ha già avuto un ictus. Anche un trial clinico australiano su 1.612 persone che vivevano in 48 strutture di assistenza pubblicato sulla rivista Nature Medicine ha trovato che usare invece del normale sale da cucina un sostituto arricchito di potassio riduce significativamente la pressione sanguigna e il rischio di infarti e ictus, tra gli over-55.

Altri effetti negativi dell’eccesso di sale

L’eccesso di sale è stato associato ad altre malattie cronico-degenerative, quali malattie renali, tumori, in particolare dello stomaco, osteoporosi attraverso l’incremento dell’escrezione renale di calcio. Inoltre l’assunzione di cibi salati si correla al rischio di iperfagia e conseguente obesità, secondo un esperimento pubblicato sul Journal of Clinical Investigation su cosmonauti in un volo simulato su Marte, che dimostra che i cibi salati tendono a far aumentare non solo la sete, ma anche la fame. Un altro aspetto negativo è che i cibi ad alto contenuto di grassi, zuccheri e sale possono creare dipendenza psicofisica similmente a nicotina e sostanze stupefacenti, inducendo il rilascio di dopamina a livello cerebrale e/o di endocannabinoidi nell’intestino. Il cosiddetto “food carving”, ovvero il desiderio intenso e compulsivo di uno specifico alimento, è mediato dalle stesse aree che si attivano nei tossicodipendenti nelle fasi di astinenza della sostanza d’abuso. Secondo una ricerca a cura dell’Institute of Environmental Medicine del Karolinska Institutet di Stoccolma, mangiare con troppo sale aumenta il rischio sia di diabete di tipo 2 (aumento del 65% del rischio per ogni grammo di sodio in più consumato al giorno) che, ancora più marcatamente, di una rara forma autoimmune a comparsa in età adulta, il LADA, Latent Autoimmune Diabetes in Adults: il rischio aumenta dell’82% per ogni grammo di sodio in più consumato.


Studi sui topi

Una ricerca dell’Università di Bonn sui topi apparsa su Science Translational Medicine ha mostrato che bastano 6 grammi di sale in più al dì per ridurre i granulociti responsabili della difesa contro le infezioni batteriche. Un’altra ricerca pubblicata su Nature, condotta sui topi, ha trovato in caso di introito eccessivo di sale maggior rischio di demenza, Alzheimer e disfunzioni cognitive, a causa di ridotta produzione del vasodilatatore nitrossido da parte delle cellule endoteliali dei vasi cerebrali, che causa ipoperfusione cerebrale, e ad alterazioni chimiche della proteina tau (iper-fosforilazione) che ne causa accumulo in depositi patologici all’esterno dei neuroni. Sempre nei topi, una dieta con troppo sale ha annientato i batteri buoni dell’intestino, della specie Lactobacillus, in uno studio del Centro Max Delbrück per la medicina molecolare, a Berlino. Invece in uno studio cinese sui topi pubblicato su Gynecology and Obstetrics Clinical Medicine, troppo sale in gravidanza può causare oltre a ipertensione e patologie cardiovascolari nelle madri, e problemi cardiovascolari alla prole anche negli anni a venire, come ipertensione e insufficienza cardiaca.

Neanche troppo poco sale va bene

Sebbene un eccesso di sale sia indiscutibilmente negativo per la salute, sulle dosi ideali di sale nell’alimentazione quotidiana sussistono ancora controversie, anche da parte delle autorità scientifiche. Un importante studio, pubblicato su BMJ, condotto dal gruppo internazionale PURE (Prospective Urban Rural Epidemiological) su oltre 100 mila soggetti adulti appartenenti a 18 Nazioni, seguiti per oltre 8 anni, suggerisce di elevare la raccomandazione dell’Oms fino a massimo 3-5 grammi di sodio al giorno, a patto però di aumentare l’assunzione di potassio con la dieta. Questo perché anche un apporto insufficiente di sale potrebbe essere dannoso per la salute, in quanto il sodio è un minerale essenziale per la trasmissione dell’impulso nervoso, il bilancio idrico, l’equilibrio acido-base e la permeabilità di membrana. Pertanto, gli specialisti di Word Heart Federation, Società Europea dell’Ipertensione ed European Public Health Association stanno lavorando per ripensare la dose ideale di sodio da raccomandare. Le ultime evidenze suggeriscono di limitare l’apporto di sale senza però scendere al di sotto dei 7,5 grammi al giorno (corrispondenti a 3 grammi di sodio).

Carlo Alfaro

Nato a Sant’Agnello il 30/11/1963, vive a Sorrento, con l’amata sorella e i suoi gatti. Medico pediatra, attualmente ricopre l’incarico di Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, è inoltre Consigliere Nazionale della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA) e redattore della Rivista ufficiale della Società, RIMA. Appassionato di divulgazione scientifica, dal 2015 è giornalista pubblicista. Ama i bambini, il teatro, il cinema, la musica, i libri e la Natura. Adora recitare e scrivere testi, organizzare eventi culturali e stare sui social.

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