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Palazzo Barberini, un itinerario d’amore

Itinerario d’amore

Trastevere, Santa Maria in Trastevere, Galleria Nazionale Palazzo Barberini Galeotto fu il percorso tra Porta Septimianae via della Lungara. Fu proprio attraversando il cuore di Trastevere per raggiungere villa Farnesina, che Raffaello incrociò lo sguardo di Margherita Luti, detta Ghita. Quegli occhi lo stregarono a tal punto da farlo innamorare e fare diventare Ghita la sua
donna e musa ispiratrice. Ghita, abitava trans Tiberim, oltre il Tevere, con suo padre Francesco, un fornaio, nei pressi della porta fatta costruire da Settimio Severo sugli Horti Getae.

Poco distante avevano un forno, dove Ghita aiutava il padre. Nel primo decennio del ’500, Raffaello frequentava la dimora del banchiere dei Papi, Agostino Chigi, villa Farnesina, in
via Lungara, perché stava progettando i disegni della Loggia e stava realizzando altri meravigliosi affreschi. Bastò poco per farlo innamorare. La sua arte trasformò
un grandissimo amore in uno straordinario capolavoro del Rinascimento. Raffaello, infatti, volle ritrarre lo sguardo profondo e i meravigliosi seni nudi di Ghita, consegnando
all’umanità un altro capolavoro, uno dei quadri più enigmatici della storia: La Fornarina. Raffaello non avrebbe mai immaginato che il dipinto della sua donna sarebbe stato acquistato nel 1642 dai Barberini, per essere esposto nel palazzo e diventare una icona della sensualità eterna. Nelle splendide sale della odierna Galleria Nazionale di Palazzo Barberini,
in compagnia di altri grandissimi come Caravaggio e Mattia Preti, La Fornarina è uno degli emblemi dell’arte italiana. E palazzo Barberini è un altro scrigno d’arte.

Un palazzo barocco, commissionato da papa Urbano VIII, sul colle del Quirinale a strepitosi architetti come Carlo Maderno, Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini. Attualmente è in corso una mostra sul papa Urbano VIII proprio a palazzo Barberini.

La storia d’amore

Ghita e Raffaello si amarono di un amore intenso, sensuale e profondo tanto da renderlo immortale. Lui con la sua sensibilità seppe cogliere la tracimante e allo stesso tempo delicata bellezza di Ghita. Lo stesso Agostino Chigi acconsentì che Raffaello e la sua amata si frequentassero anche alla Farnesina.

Nel centro pulsante e popolare di Roma, Trastevere, Raffaello trovò l’amore e l’ispirazione. L’intero quartiere era al corrente della travolgente passione: il bel Raffaello raggiungeva Trastevere, appena poteva, per incontrare Ghita di giorno e di notte e la bella fornaia si concedeva al suo amato liberamente e appassionatamente. Raffaello e Ghita avrebbero voluto coronare il loro sogno d’amore, probabilmente sposandosi nella vicina Santa Maria in Trastevere, ma così non fu perché Raffaello morì giovanissimo, a 37 anni, nel 1520, e Ghita si chiuse in convento.

Gli occhi di Ghita a distanza di tempo esprimono una particolare bellezza, popolare, genuina e semplice.
Bellezza di cui ci si nutre ancora, oggi, visitando, ad esempio, la basilica di Santa Maria in Trastevere. Fondata da papa Callisto I (217-222) nel luogo in cui si narra sgorgasse olio, è stata nei secoli ampliata e più volte ricostruita e restaurata. Entrando è un susseguirsi di visioni maestose. Lo sguardo non sa dove posarsi, non sa se guardare verso l’alto o verso il basso. Il pavimento in stile cosmatesco è particolarmente suggestivo così come i mosaici di Pietro Cavallini del 1291, e l’icona della Madonna della Clemenza, tra le più antiche al mondo risalente al VI secolo. È un esempio di sovrapporsi di arte e bellezza che dal campanile romanico ti conduce al portico settecentesco di Carlo Fontana e non solo.

E Trastevere è il cuore della Roma popolare, cuore pulsante per la bellezza di opere d’arte e per la gustosità di sapori espressi da alcuni piatti tradizionali.

«Uno dei più caratteristici della Roma trasteverina è però quello per i rigatoni con la pagliata (“pajata” in dialetto romanesco). Come afferma Ada Boni, tra le regine dell’arte culinaria italiana, «la pagliata figura in prima fila fra le ghiottonerie della cucina romana».

Elisabetta Donadono

Elisabetta Donadono, napoletana, giornalista, comunicatrice e sommelier dell’olio extravergine d’oliva ha ideato prima napolipost.com e poi il grandfood.it. Due esperienze editoriali che propongono una lettura nuova, positiva, emozionale e coraggiosa delle eccellenze d’Italia. Dall’arte al cibo, dal cibo all’arte, i percorsi giornalistici indagano l’arte ed il cibo, raccontandoli in modalità nuova, in chiave originale, in versione fantasiosa. Articoli che hanno anticipato ed anticipano la conoscenza di luoghi, prodotti, persone, oggetti utilizzando di volta in volta tutti i sensi. Il grandfood.it nasce dopo i libri Il Grand Food Campania ed Il Grand Food Lazio, due libri per circa 100 racconti di cibi ‘gustati’ attraverso i monumenti e l’arte osservata cucinando buon cibo. Il Grand Food, in versione web e sociale è una nuova sfida tutta da fare con e per i lettori!

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