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Cibi ultraprocessati, mangiarne pochi

Sotto processo i cibi ultra-processati

Caratteristiche

Per alimenti ultra-processati o ultra-lavorati si intendono cibi confezionati, derivati da processi di lavorazione industriale con processi fisici, chimici o biologici che li modificano più o meno profondamente.

Le loro caratteristiche

Elevato potere calorico e alta palatabilità, grazie all’abbondanza di grassi, zucchero o sale; scarsa qualità nutrizionale per povertà di micronutrienti e fibre; lunghe scadenze.

Contengono in vario grado conservanti, additivi, stabilizzanti, esaltatori del sapore e del profumo, edulcoranti, emulsionanti, addensanti,
anti-agglomeranti. Nei procedimenti di lavorazione si verificano perdita di vitamine, sali minerali, acidi grassi polinsaturi.
Inoltre, si possono generare sostanze tossiche o potenzialmente cancerogene, come nitrosamine o acrilamide. In base al grado di trasformazione subita, sono classificati in 4 gruppi dalla scala internazionale chiamata Nova. Negli Stati Uniti si stima che mediamente il 57% circa delle calorie consumate dagli adulti derivi da questo tipo di prodotti.

Effetti metabolici

Fanno aumentare rapidamente la glicemia (elevato indice glicemico), stimolano la secrezione di insulina, promuovono il deposito di grassi, incrementano il colesterolo LDL, producono stress ossidativo, infiammazione e invecchiamento cellulare, alterano il microbiota intestinale.
Effetti negativi sulla salute

Favoriscono aumento di peso, patologie metaboliche come diabete e dislipidemie, aumentata incidenza di patologie cardiovascolari, tumori e mortalità.

Studi clinici

Il “Global Burden of Disease” (The Lancet 2019), ampio studio internazionale che ha monitorato la correlazione tra regime alimentare e patologie dal 1990 al 2017 in 195 Paesi, ha concluso che nel 2017, 1 decesso su 5 nel mondo è stato imputabile a una dieta non sana (ricca di zuccheri semplici, sale, grassi e carni lavorate) che ha contribuito allo sviluppo di cardiopatie, tumori e diabete. Un ulteriore studio, “Association between ultraprocessed food consumption and risk of mortality” (JAMA Internal Medicine 2019) ha trovato che un aumento del 10% della quota di alimenti ultra-lavorati nella dieta abituale è statisticamente associato a un rischio maggiore del 14% di mortalità per tutte le cause.

In Brasile, uno studio della Universidade de São Paulo pubblicato su American Journal of Preventive Medicine, ha trovato che il 10,5 % di decessi prematuri per tutte le cause e il 21,8% di quelle causate da malattie non trasmissibili sono attribuibili al consumo di cibi ultraprocessati. In Italia, lo studio Moli-Sani del Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione dell’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli, pubblicato sul British Medical Journal, che ha monitorizzato per 12 anni oltre 22.000 persone, ha registrato incremento del rischio di morte tra coloro che seguivano una dieta che conteneva il 6% di prodotti ultra-processati, mentre in un altro studio dello
stesso gruppo che per oltre 10 anni ha analizzato la dieta di circa 1.171 persone che avevano già una patologia cardiovascolare, pubblicato sull’European heart journal, è emerso un rischio aumentato di 2/3 di un secondo accidente cardio-vascolare, fatale, in chi consuma questo tipo di alimenti.

Uno studio americano uscito sul British Medical Journal 2022, che ha seguito poco meno di 300.000 persone per almeno due decenni, ha evidenziato un aumentato rischio di cancro al colon-retto in uomini e donne correlato all’assunzione di cibi ultra-processati. Secondo una ricerca dell’Imperial College di Londra pubblicata su eClinicalMedcine che ha seguito per 10 anni circa 200.000 adulti dai registri nella Biobanca del Regno Unito, un database sanitario della popolazione britannica, per ogni aumento del 10% nella dieta
di alimenti ultra-elaborati, il rischio di sviluppare qualsiasi tipo di cancro aumenta del 2% e il rischio della mortalità per cancro aumenta del 6%. Da uno studio della Tianjin Medical University in Cina pubblicato su Neurology, che ha esaminato per una media di 10 anni 72mila persone selezionate dalla UK Biobank, è risultato che per ogni aumento del 10% dell’assunzione giornaliera di alimenti ultra-processati, aumentava il rischio di demenza del 25%, ma che la loro sostituzione con alternative più salutari era associata a una
riduzione del rischio di demenza.

Impatto sulla quantità di cibo introdotto

Gli effetti nocivi sarebbero dovuti anche al fatto che questo tipo di alimenti inducono a mangiare di più.

Una ricerca dell’Istituto Nazionale per la Salute Usa, pubblicata su Cell Metabolism, ha seguito 10 uomini e 10 donne, controllando i loro pasti per 28 giorni: il cibo veniva preparato e servito dagli stessi ricercatori. I volontari sono stati divisi in due gruppi che hanno seguito due diverse diete: una includeva cibi raffinati, l’altra alimenti naturali. I due gruppi hanno invertito il loro regime alimentare ogni due settimane.

Nonostante entrambe le diete avessero lo stesso numero di calorie, proteine, fibra, i volontari che mangiavano più cibi trattati erano portati a consumare più carboidrati e grassi e almeno 500 calorie in più al giorno.

Carlo Alfaro

Nato a Sant’Agnello il 30/11/1963, vive a Sorrento, con l’amata sorella e i suoi gatti. Medico pediatra, attualmente ricopre l’incarico di Dirigente Medico di Pediatria presso gli Ospedali Riuniti Stabiesi, è inoltre Consigliere Nazionale della Società Italiana di Medicina dell’Adolescenza (SIMA) e redattore della Rivista ufficiale della Società, RIMA. Appassionato di divulgazione scientifica, dal 2015 è giornalista pubblicista. Ama i bambini, il teatro, il cinema, la musica, i libri e la Natura. Adora recitare e scrivere testi, organizzare eventi culturali e stare sui social.

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