Napoli, il pasto all’epoca Viceré, tra carne e dolci
A Napoli il pasto nel ‘500, tra carne e dolci
Carne bianca in prevalenza, pesce, funghi, frutta e dolci con un buon bicchiere di acqua di Poggioreale. A Napoli, nel primo trentennio del ‘500 si mangiava così. A raccontarlo un viaggiatore umanista, Ortensio Lando, che giungendo in città intorno al 1523 scriveva delle prelibatezze partenopee oltre che dei luoghi da visitare.
Il pranzo cinquecentesco
Carne
Il visitatore invitava a mangiare cosce di polli ed ali di cappone mentre per le spalle, da preferire il montone. “Lascia star le cosce” ammoniva, in uno dei suoi libri di viaggio, riferendosi ai capponi. Ma i consigli culinari durante il vicereame spagnolo, tra il 1503 al 1532, non terminavano con le carni bianche.
Frutta
Le percoche e le mele cotogne di cui Posillipo era ricchissima erano le preferite: ‘Gusterai quelle percoche da far resuscitare i morti’ ed ancora scriveva l’umanista viaggiatore: “qui vi sono mele cotogne grosse come il capo di un bue e più belle di quelle che in Cidonia nascono” e Posillipo era descritta come un luogo dove ”abitar magnifico e reale vi si trova, quanti bei giardini da dotta mano coltivati…“.
Dolci
A Napoli ad inizio cinquecento vi era ampia scelta di dolciumi: “… susameli, mostacciuoli, raffioli, castagni di zuccero, schiacciate di mandole, pasta reale, conserve rosate e bianco mangiare“.
La città era tappa di viaggio anche di artisti che qui realizzarono opere pittoriche e sculture che sono in mostra sino al 25 marzo presso il Museo di Capodimonte.
Nell’occasione torna a Napoli per la prima volta dopo 400 anni la Madonna del pesce eseguita da Raffaello. Il dipinto, destinato alla cappella della famiglia del Doce in San Domenico Maggiore a Napoli, divenne un punto di riferimento fondamentale per gli artisti attivi a Napoli durante il Cinquecento. Asportata dai governanti spagnoli e trasferita a Madrid intorno alla metà del Seicento. La mostra è dedicata a uno dei momenti più fecondi e meno conosciuti della civiltà artistica napoletana: il trentennio (1503-1532 circa). In questa opera il pesce ha significati religiosi.
in foto il dipinto – Venditore di cacciagione, Joachim Beuckelaer – Museo di Capodimonte -Napoli