Pane che non è stato mai mangiato
Pane che non è stato mai mangiato
Se non fosse per il colore nero, le pagnotte sembrerebbero appena sfornate. Invece, è proprio quel colore che rivela da secoli, che quel pane non è stato mai mangiato. Questi reperti, conservati nei depositi del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, sono stati immortalati dall’obiettivo di Luigi Spina.
La mostra
La foto è parte della mostra che il MANN propone sino al 30 giugno 2022. Luigi Spina percorre con la macchina fotografica i depositi museali, denominati Sing Sing, ovvero il carcere dei beni culturali. Nei sottotetti si trovano migliaia di reperti ritrovati a Pompei e negli altri siti travolti dall’eruzione del 79 a.C. Oggetti di vita quotidiana come appunto il pane, che probabilmente fu sfornato poco prima che il Vesuvio seppellisse uomini e cose. Tra queste bottiglie, bicchieri, vasi, ex voto.
Oggetti di vita quotidiana rinvenuti poi nel corso degli scavi e conservati in celle nei sottotetti del Museo Archeologico Nazionale. Il fotografo, Luigi Spina, ha ricostruito nella mostra un percorso di vita di uomini, donne e bambini che in poche ore sono stati annientanti dalla furia eruttiva del vulcano. A distanza di secoli, Spina ha immaginato come i vesuviani usassero quegli oggetti. Li ha riposizionati sulle tavole e scattato l’attimo di ritorno alla ‘vita’. Una vita che all’epoca doveva essere simile alla nostra. Lo dimostra anche la forma della pagnotta, che davvero potrebbe essere una preparata dai nostri fornai.
Il pane
Il pane, molto apprezzato dai romani, non era prodotto da grano locale, ma quello che giornalmente si consumava era di importazione via mare da Egitto e Africa, tramite il commercio gestito con grosse imbarcazioni. Si tratta delle navi frumentarie, come fu la Isis, di dimensioni eccezionali, che poteva imbarcare ben 1200 tonnellate di grano